Nome mulino | Mulino pestasassi di Nove | |
Regione | Veneto | |
Provincia | Vicenza | |
Comune: | Nove | |
Indirizzo | Via Munari, 19 | |
Tipologia | Acqua | |
Attivita | ~Altro | |
Proprieta | Privato | |
Info proprietà | Famiglia Stringa | |
Stato | Museo | |
Visitabile | Si | |
Ospitalita | No | |
Bibliografia | - Un mulino da pestar sassi, ultimo retaggio dell’antica Nove, in “Vicenza”, n 6, 1968 - Un mulino da ”pestar sassi”, in “Ceramica Italiana nell’Edilizia”, n 47, 1972 - Un raro esempio di “archeologia artigianale”: il mulino di Nove, in “Guida ai dialetti veneti”, Atti del XV Convegno di dialettologia veneta, Padova, 1993 - Un ultimo esempio di mulino settecentesco per la ceramica, in “Faenza”, Anno XCIII (2007), n. 1-3, 2007 | |
Note storiche | Antico “mulino pestasassi” Baccin-Cecchetto-Stringa Attivo dal XVIII secolo, il mulino rimane oggi il più antico superstite del suo genere in Europa. E’ una fondamentale testimonianza per la storia della manifattura ceramica e dell'artigianato artistico in generale. Una discreta documentazione ha consentito di analizzare i suoi usi e i vari adattamenti subìti lungo gli oltre due secoli di vita. La data 1638 incisa sul camino esterno corrisponde al termine della costruzione, che anticipa di quasi un secolo la prima affermazione della manifattura ceramica nella zona: si ipotizza pertanto che inizialmente il fabbricato fosse utilizzato per altri scopi. Nel 1791, il Magistrato alle Acque della Repubblica Veneziana, diede la concessione all'imprenditore Giovanni Maria Baccin, allora direttore della famosa manifattura Antonibon, di usufruire di una certa quantità d'acqua della roggia Isacchina, estratta dal corso del Brenta allo scopo di macinare e polverizzare ciottoli di quarzo e di carbonato di calcio, facilmente reperibili nel greto del fiume, utilizzati per la preparazione della terraglie e per la macinatura delle fritte per le vernici e gli smalti. Nel 1817 la proprietà passò alla famiglia Cecchetto, che per tutto l'Ottocento continuò la produzione di impasti e vernici per la propria manifattura fino al 1929, e per varie fabbriche del territorio novese e vicentino fino agli inizi degli anni Sessanta. Nel 1965 il mulino fu acquisito dalla famiglia Stringa, attuale proprietaria, che ha curato il restauro e la valorizzazione dell'intero complesso. Grazie al discreto stato di conservazione, l'opificio viene attualmente utilizzato a scopo dimostrativo ed è considerato un punto di riferimento della storia ceramica veneta, un importante monumento di archeologia artigianale e industriale. Dal 27 giugno del 1991 l'intero complesso è sottoposto a tutela monumentale da parte della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici del Veneto ed è stato dichiarato di interesse particolarmente importante dal Ministero per i Beni Culturali. |