Note storiche | Il molino dei Veraghi, attualmente funzionante,
è una testimonianza di un'antica economia contadina, basata sull'attività molitoria dei cereali provenienti dai territori della Valpolicella e Lessinia occidentale. La struttura faceva parte di un complesso di 17 molini, dislocati in serie lungo il "vajo", valle profondamente incassata sul cui fondo scorreva, e scorre tuttora, l'acqua delle sorgenti poste a monte dell'abitato. La presenza di acqua corrente perenne permetteva di far funzionare i mulini, trasformando l'energia idraulica in energia meccanica tramite una grande ruota con vaschette, situata all'esterno dell'edificio, e un insieme di ingranaggi e ruote dentate che trasferivano il movimento alla mola posta all'interno della struttura.
L'inizio dell'attività del molino dei Veraghi è del fine ‘600 mentre l’attuale collocazione è databile attorno al 1880, quando le sorelle Zivelonghi, dette "farinelle", cedettero il fabbricato a Santo Sega, già proprietario di un mulino a sud del paese. Venne così ampliato il molino esistente con un nuovo corpo di fabbrica e due impianti motori (per la molitura dei vari tipi di cereali), recuperando parti di altri molini in disuso. Nel molino venivano macinati diversi tipi di granaglie, per uso alimentare ed agricolo: frumento, mais, orzo, miglio, grano saraceno, sorgo, ed altri. Il molino macinava dai 2 ai 10 q.li al giorno, in base alla quantità d'acqua corrente (che variava stagionalmente), con una resa di 65-85 Kg di farina per quintale di frumento, in funzione della qualità ma anche delle esigenze del cliente (chi aveva poco grano preferiva farina integrale); il compenso del mugnaio talvolta consisteva in una parte della farina ottenuta oppure una piccola forma di formaggio.
Nel mestiere, a Santo sono seguiti il figlio Stefano, i nipoti Angelo e Vittorio, ed infine i pronipoti Stefano e Massimo, fino alla sospensione dell'attività molitoria, prima del frumento per alimentazione umana (nel 1953) e poi del mais per il bestiame (nel 1970).
La grande ruota ha un diametro di 6.50 metri, ed è costruita con legno di larice per i raggi (ronghe) e con ferro per le tazze (copi) che raccolgono l’acqua proveniente dalla canaletta in pietra, alimentata dalla fontana dei Veraghi. Mediante il fuso (mas-cio) in acciaio e legno di rovere, la ruota è sostenuta e imperniata al castello di ingranaggi all’interno della sala di macinatura. L’acqua viene convogliata sulla ruota da una doccia (sbolsa), incernierata a monte alla canaletta; un sistema di cavi, carrucole e catene all’interno della struttura permette di regolare la caduta dell’acqua nelle tazze oppure lateralmente alla ruota.
IL LOCALE DI MOLITURA
Il locale di molitura, di 6.80 per 5.30 metri, è attraversato da un arco a tutto sesto ribassato che ha funzione portante per tutto l’edificio. Addossato alla parete nord-est, retrostante la ruota, è presente l’insieme di ingranaggi che permette il moto della mola e degli attrezzi accessori, quali il setaccio della farina, la piccola mola per affilare e il pestello per la pilatura delle granaglie. Sulle altre tre pareti, o addossati ad esse, sono presenti tutti gli strumenti ed attrezzi utilizzati dal mugnaio: setacci, martelli e scalpelli, contenitori di varie forme, misure e materiali, cavalletti e treppiedi.
CASTELLO DEGLI INGRANAGGI
Il moto della ruota viene trasmesso all’interno dell’edificio tramite un sistema di ingranaggi ingegnoso e funzionale. Coassiale al mozzo della ruota, e saldamente fissato ad esso, è il lubecchio (scudo), una ruota dentata del diametro di 1.57 metri, in legno di rovere e noce e con denti in legno di corniolo, fasciata in ferro. Tale ingranaggio trasmette il moto ad un’altra ruota posta ortogonalmente ad esso (mesola o meseta) con un rapporto di trasmissione di 1 a 3. Solidale alla meseta una ruota dentata più grande, la stella (stela), di diametro di 1.50 metri, trasmette il movimento alla macina superiore mediante la lanterna (mudol) da cui esce il palo di ferro a sezione quadra collegato alla mola rotante. Sullo scudo si possono inserire direttamente gli ingranaggi per la trasmissione del moto al setaccio, alla mola da affilatura ed al pestello.
IL PALMENTO
Sopra al castello degli ingranaggi sono situate le macine per la molitura. Il basamento è in legno di pioppo e larice in cui è incavato lo spazio per la mola inferiore fissa, attraversata dal palo di ferro e sormontata dalla mola rotante. La mola superiore è circondata da una fascia (larsega) in legno di faggio, atta a contenere il macinato e convogliarlo al setaccio. Lateralmente al basamento è presente una manovella (guida) che permette di regolare la distanza tra le mole.
Le granaglie sono contenute da due tramoggie (tramose) poste sopra le mole. Il cereale dalla tramoggia scorre su un piccolo piano a tre sponde fino a cadere nella mola; è possibile regolarne l’afflusso agendo sull’inclinazione del piano. Per evitare che il molino continui a funzionare anche in assenza di prodotto da macinare, una piccola asse di legno viene posta all’interno della tramoggia e tiene in tensione un cavo collegato alla doccia esterna che convoglia l’acqua sulla ruota; quando il livello delle granaglie cala, l’asse non viene più trattenuta dal peso del cereale e quindi la doccia si sposta facendo cadere lateralmente alla ruota l’acqua.
IL SETACCIO, IL PESTELLO E LA MOLA PER AFFILARE
Il cereale macinato viene convogliato al setaccio (burato) per essere suddiviso a seconda delle dimensioni nelle sue frazioni. Il setaccio è un cilindro con struttura in legno rivestita di tessuto a maglie con luce di dimensione via via crescente; il macinato entra dalla parte con maglie più fini e scorre fino all’estremità opposta, dove la parte più grossolana, che non ha attraversato le maglie, esce e viene raccolta in una piccola cassa in legno. Il movimento circolare del burato viene fornito da un perno collegato direttamente allo scudo.
Il pestello (pilon) viene utilizzato per svestire il frumento dalla cariosside oppure per il distacco dei chicchi di mais dal torsolo; le granaglie sono contenute in una grane olla di pietra (pila). Il pestello è collegato, mediante un palo ed una catena, ad una leva che viene azionata dallo scudo; ad ogni giro si hanno tre colpi. E’ possibile regolare la forza della battitura accorciando o allungando la catena.
Per una corretta molitura le macine devono essere periodicamente ribattute in modo da ripristinare i canali e le superfici corrotti; per fare questo ci si serve di martelli e scalpelli che, per lavorare con precisione, vengono affilati sulla mola in oggetto. La rotazione viene da un ingranaggio solidale all’albero della mola, collegato direttamente allo scudo. | |