Pare che i primi mulini a vento siano apparsi in Persia ancora nel VII secolo, ma la documentazione ĆØ troppo precaria per essere credibile. Altro luogo comune ĆØ che essi siano stati impiegati nell’Oriente islamizzato intorno al Mille, ma poichĆ© l’installazione di uno di essi sotto le mura di Acri in Siria nel 1189 fece credere alla gente del luogo che esso fosse un mostro inusitato, ĆØ presumibile che la nuova macchina molitoria mossa dall’energia eolica fosse ancora sconosciuta in quelle terre.

In realtĆ  le prime testimonianze sicure di mulini a vento potrebbero essere datate nel penultimo ventennio del XII secolo, a partire dai primi certi esemplari a noi noti del 1180, situati a Ste-MĆØre-Eglise e presso Liesville in Normandia, o dal mulino a vento vicino a Bristol del 1181, per poi trovare in pochi anni una rapida diffusione in varie localitĆ  della Francia, dell’Inghilterra, della Fiandra, dell’Olanda e della Germania, terre da cui si sarebbero poi ben presto diffusi in gran parte d’Europa.

Tanta fortuna sarebbe dovuta sia alle nuove possibilitĆ  di insediamento della nuova macchina ad energia eolica, sia al fatto che le leggi medievali che avevano formulato il “diritto d’acqua” (e quindi anche quello di costruire mulini), non contemplavano per nulla il “diritto d’aria”, anche se ben presto quest’ultimo rientrerĆ  tra i diritti “bannali”, seppur tra molte difficoltĆ  (Rivals 1987).

In Italia i mulini a vento non incontrarono grande fortuna. Nell’Ottocento si ebbero alcune realizzazioni nel Livornese, a Venezia e soprattutto in Sardegna e in Sicilia (Madureri 1995): oggi sono molto pochi e utilizzati pressochĆ© totalmente nelle saline siciliane.

I meccanismi molitori del mulino a vento sono in pratica del tutto uguali a quelli di un mulino ad acqua con ruote verticali ma con disposizione “rovesciata”, la quale dĆ  luogo ad almeno tre varianti che lo distinguono da quello ad acqua: l’energia eolica sta in alto ed ĆØ raccolta da una ruota “a vento”; questa, con pale conformate ad “ali” (si veda Glossario), fa ruotare il “fuso”, cioĆØ l’albero rotante porta-vele, collegato (dentro il mulino) con un lubecchio e un rocchetto che fanno girare l’albero della macina posta in basso; la copertura a calotta o a cuffia del mulino ĆØ girevole per assecondare con le ali la direzione del vento.

Tipologicamente i mulini a vento sono relativamente vari, ma essi possono essere ricondotti a due tipi principali:

  • il “mulino di legno su palo” (detto anche “a becco aperto” o “mulino a capra”) in cui la cabina variamente conformata e contenente le macchine ruota attorno a un solido palo o colonna adeguatamente rinforzato che fa da sostegno (di esso esiste pure la variante con “colonna vuota e becco chiuso”);
  • il ” il mulino a torre” forse più tardo (fine del XIII secolo), in cui la torre cilindrica o a tronco di cono o poligonale (di muratura o di legno) contiene gran parte delle macchine ed appare sormontata da una cuffia (o cappello o cappa) girevole che sostiene il gruppo delle ali.
    Sull’impatto che ha avuto il mulino a vento nel paesaggio, nell’arte e nell’immaginario collettivo vi ĆØ un’abbondante letteratura: esso ĆØ di una tale evidenza da non meritare altre parole.