Una rivoluzione decisiva nella storia del mulino per cereali ha avuto inizio quando alle millenarie macine a due palmenti si sono sostituiti i laminatoi, per di più azionati da macchine a vapore o da motori mossi con l'elettricità: è stata la fine del mulino antico e dei suoi meccanismi supercollaudati.
Un laminatoio embrionale di ferro con piccola tramoggia e funzionante a mano (il primo in assoluto) era stato descritto da Agostino Ramelli ancora nel 1588 (Ramelli 1588), ma esso non ebbe seguito. Poco sviluppo ebbero alcuni tentativi avvenuti nel Settecento in Inghilterra e in Francia.
Si dovette attendere l'anno 1821, perché questa geniale intuizione prendesse corpo in Svizzera (ma è nell'anno 1832 che qui si dà inizio a una sicura macinazione). Tuttavia fu soltanto dopo una serie incredibile di trasformazioni e di perfezionamenti quasi sempre "brevettati", avvenuti soprattutto tra gli anni 1870-1880 (particolarmente importanti furono quelli di Friedrich Wegmann nel 1873 e nel 1874), che si giunse alla vera e propria "macinazione a cilindri". Questa, tra l'altro, mostrò subito di presentare numerosi vantaggi rispetto a quella "a macine": velocità, grande produzione, logoramento scarso, manutenzione poco costosa, facilità di esercizio, poco spazio per la macchina, farine più fini, lieve surriscaldamento.
Il laminatoio in sostanza era costituito di due rulli (prima di porcellana e poi quasi sempre di ghisa) a superfici lisce o rigate, che accostati e girando in senso contrario riducevano le granaglie nella granulazione richiesta, dopo che queste erano giunte nell'interspazio voluto tra i due corpi rotanti.
Come ben si vede in questa macchina era scomparsa la millenaria rotazione orizzontale delle macine antiche che offriva una macinazione "bassa", "rapida" e "a fondo": il lento giro delle macine frantumava tutto, dando un miscuglio di farina, crusca e cruschello che poi neppure un perfezionato buratto riusciva a dividere, per cui la farina presentava sempre delle impurità.
Tanto più che tale operazione era relativamente facile per i grani teneri, ma riusciva con difficoltà per i grani duri, per cui questi venivano preventivamente sottoposti a bagnatura, con gravi rischi per la successiva conservazione delle farine.
Con il laminatoio invece la rotazione dei rulli era verticale e lo schiacciamento con relativa frantumazione delle granaglie avveniva gradualmente (passando cioè più volte tra due rulli), sicché la macinazione era "alta", "tonda", "graduale o progressiva", permettendo, nei vari passaggi, di togliere gradualmente e senza surriscaldamento la crusca e il cruschello, per dare poi una farina pura e notevolmente più conservabile.
La straordinaria quantità di farina che il nuovo sistema di macinazione preparava in poco tempo portò poi a rivoluzionare le possibilità di stacciatura del buratto, per cui dopo vari tentativi, si giunse al "Plansichter" (inventato nel 1887 da un mugnaio ungherese), un sofisticato buratto industriale che attraverso un doppio movimento di rotazione e oscillazione (unitamente a un efficiente sistema di veli-setacci) riusciva a "classificare le farine", suddividendole secondo la grossezza dei granelli.
La moltiplicazione dei laminatoi e dei Plansichter in uno stesso mulino, la grande quantità di grano consumata, la rapidità di lavorazione, la presenza di cinghie di trasmissione sia per trasportare il grano sia per farlo salire e scendere dall'alto (per mezzo di elevatori a tazze) nei vari laminatoi e Plansichter (permettendo di alternare rimacinature con burattature), le macchine a vapore o elettriche utili per il loro funzionamento, furono tutte concause che obbligarono ad abbandonare il tipico mulino del passato, posto in genere su due o tre livelli e di proporzioni piuttosto modeste, per dar vita a costruzioni molto più imponenti e a più piani, con depositi e silos di vario genere, veri propri mulini-fabbrica a livello industriale, come ben presto mostrarono di essere i Mulini Certosa di Pavia (fig. 13) e il famoso Mulino Stuckj di Venezia, che dà sul Canale della Giudecca, costruito, a partire dal 1895, dall'architetto Ernest Wullekopf con impronta tipicamente nordi'ca di gusto neogotico e considerato sulla fine dell'Ottocento come "il più bel molino" di tutta Italia (oggi in fase di recupero, ma con altra destinazione).
La storia dell'evoluzione del mulino industriale non è comunque finita: innovazioni continue nelle macchine e nei sistemi di funzionamento e di controllo con mezzi elettronici sempre più sofisticati sono ormai impiegati dai maggiori mulini industriali in ogni parte della terra.